Il cristianesimo, con la sua affermazione dell’eguaglianza di tutti gli uomini, fu uno strumento potentissimo per la democratizzazione dei sistemi politici e invero provocò una vera rivoluzione. Purtroppo questa rivoluzione si fermò e si cristallizzò in forme dispotiche di tipo orientale che pesarono su tutto il primo Medioevo, spesso in contrasto con le istanze democratiche di una parte considerevole della cristianità e della Chiesa: è comunque certo che i movimenti non ufficiali (come i movimenti monastici e poi quelli ereticali del Medioevo) esprimevano sostanziali esigenze democratiche.
Queste esigenze, pur con molti limiti, si manifestarono poi nella vita dei comuni, dove dovettero lottare contro le sopravvivenze di quella struttura sociale eminentemente antidemocratica che era il feudalesimo. Col Rinascimento la passione politica per una formulazione democratica della vita sociale si fece piú acuta. Bacon, Cartesio e poi successivamente gli economisti e gli statisti olandesi e inglesi si fecero promotori del movimento democratico, che trovò nella nuova classe borghese un potente mezzo storico di attuazione.
La classe borghese, per le sue stesse necessità economiche, esigeva l’abolizione dei privilegi feudali, la cessazione delle barriere, la parità di diritti; una serie di rivoluzioni (da quella inglese di Cromwell a quella americana di Washington, a quella francese) contrassegnarono l’affermarsi di quella democrazia borghese che chiamiamo parlamentare, perché trovò nel parlamento l’espressione piú alta della sua essenza democratica.
Contraddizioni e visioni politiche della modernità
Dall’altra parte in seno a questa democrazia si andavano maturando contraddizioni: perché la classe borghese, mercantile, si venne industrializzando e l’industrializzazione portò con sé la formazione di un’altra classe, il proletariato, che si trovava in una situazione di inferiorità, con diritti sociali, politici, economici, minori di quelli della classe borghese: questo fatto limitava e limita tuttora il carattere democratico della democrazia borghese.
La nuova classe andò a poco a poco prendendo coscienza di sé e con Marx, nel 1848, formulò nel «Manifesto» comunista le sue esigenze di classe, condannando il carattere non democratico della democrazia borghese, in quanto i piú elementari diritti politici non erano patrimonio di tutti i cittadini, ma solo di una piccola parte di essi e, solo dopo una serie di lotte, il proletariato acquistò alcuni di questi diritti. Accanto alle migliori forme di democrazia borghese, pur nei loro limiti di classe (come quelle svizzera, scandinava, inglese, ecc.), sussistono ancora in molti stati forme di governo antidemocratico, che rendono ancora piú urgente da parte dei popoli la presa di coscienza dei piú alti diritti politici.
Si può anche dire, in conclusione, che la democrazia e cioè la garanzia di tutti i diritti a tutti i cittadini, luminoso ideale che si è radicato nella coscienza civile specialmente a partire dal sec. XVIII, sia una continua aspirazione dei popoli, che lo attuano però in dipendenza di particolari condizioni storiche. Infatti la democrazia non è una nozione il cui contenuto sia immutabile soprattutto considerando l’ampiezza e la rapidità dei cambiamenti che ai nostri giorni modificano l’ambiente sociale.